Europae

curated by / a cura di Davide Di Maggio, Nino Sottile Zumbo

YEAR 2021

Comunicato Mostra Europae, Oliveri (Messina), Associazione Lyceum-Scuola delle Cose, domenica 20 giugno 2021, ore 18,00

Gino di Maggio, Presidente della Fondazione Mudima di Milano, Via Tadino 26, ha  promosso la costituzione, ad Oliveri (Messina), dell’Associazione culturale Lyceum- Scuola delle Cose, sostenendo provocatoriamente che, se l’universo è infinito, ogni punto è il suo centro; quindi anche la piccola cittadina di Oliveri è il centro del mondo. 
È stata denominata Lyceum l’Associazione,  in omaggio alla omonima Scuola peripatetica, fondata da Aristele (Aristotele), ad Atene, 2.400 anni fa;  Scuola delle cose, traduce invece il nome Monoha,  movimento d’avanguardia giapponese che propone l’arte come semplice azione, relata alla natura e allo spazio circostanti.
Un centro culturale, quindi, che guadi (guardi)ad Oriente come ad Occidente.
L’Associazione, aperta a tutti,  ha scopo principalmente didattico per i giovani, vuole essere una fucina di idee: s’ insegnerà e dibatterà, socraticamente, di letteratura, filosofia ed arti visive, di musica, cinema e teatro, ma anche di progetti economicamente sostenibili per le comunità locali ( come ad esempio la depurazione delle acque reflue).

Nell’autunno scorso, durante una giornata pallida di sole, colore della tortora, Nino Sottile Zumbo e Gino Di Maggio discutono amaramente, nel viale alberato che da Oliveri conduce ai suggestivi laghi naturali di Marinello, sotto la rupe della antica colonia greca di Tindari, del fallimento della politica dell’Unione Europea, unione di carta e non comunità di destino ( basti pensare alla sua precaria architettura costituzionale, alle politiche fiscali, estere e dell’immigrazione).
Ragionano delle matrici comuni del pensiero europeo, a ciò che unisce e non divide i popoli del vecchio continente, quindi all’arte.
Quella conversazione muove qualcosa.
Così Nino Sottile Zumbo e  Davide di(Di) Maggio, per l’inaugurazione dell’Associazione Lyceum-Scuola delle Cose, hanno progettano(progettato) e curano (curato) la mostra Europae, che raccoglie i multipli di artisti di molte Nazioni europee, dal bacino del Mediterraneo alle terre del nord.
Sulle opere concepite dagli artisti come multipli, pesa la spada di Damocle del giudizio di Walter Benjamin: l’opera riprodotta, come vuole la concezione estetica classica, perde la sua aura, la magia della sua unicità.
Forse non è così, l’opera multipla è più democratica: diventa più facilmente accessibile, conoscibile ed  acquisibile.     
In Mostra, a scopo soprattutto didattico per le nuove generazioni, sono esposti multipli di artisti europei, associati per generazione anagrafica, prescindendo dalla loro patria d’origine. 
Artisti figli della stessa cultura europea: dell’apollineo-dionisiaco e del kairos kai agatos (bello e buono) greci, dell’assolutismo medievale, dell’umanesimo e del rinascimento, del barocco e del mannerism.
Via via del simbolismo, ma anche dei movimenti novecenteschi di rottura e innovazione della grammatica delle lettere e delle arti, come il futurismo; i linguaggi d’arte libera e totale, come Dada e Fluxus.
Artisti figli anche della scienza nuova: l’evoluzione creatrice della Natura di Bergson, il principio d’indeterminazione di Eisemberg, la relatività einsteniana del moto, la scoperta freudiana dell’inconscio, la rivoluzione dodecafonica di Schönberg, che rompe la tradizione tonale.

Avvolgiamo la moviola all’indietro: a proposito dei multipli, ha detto parole che chiudono le porte ad ogni diatriba il francese Marcel Duchamp, signore delle avanguardie, del ready-made (pronto-fatto) e dell’objet trouvé ( oggetto-trovato): cose comuni del nostro quotidiano che egli sceglie ed isola, obbligando il fruitore ad interrogarsi sui significati dell’arte.
Nel 1917, capovolge di 90 gradi un classico orinatoio in ceramica e, come un Dio lo rinomina “Fontana”, l’orinatoio rinasce così a nuova vita.
Della “Fontana” possiamo ammirare molti multipli esposti nei grandi Musei del Mondo:
dal Centre Pompidou, al nostro Museo d’Arte  Moderna e Contemporanea di Roma, ai Musei d’Arte Moderna di Filadelfia e San Francisco.
Di Duchamp sono esposti, in mostra: il provocatorio  Certificato di lettura  che attesta, per chi lo possiede, il diritto libero ed inalienabile di leggere il poema Il reale assoluto di Arturo Swarz (Schwarz); e tre fantasmagorici Rotori meccanici.
Diamo conto di altre opere.
Concetto spaziale  ( sei litografie a colori con buchi punzonati, ciascuna 50x70 cm.,1961), di Lucio Fontana: coi suoi sacri buchi e tagli, egli predica una nuova scienza naturale; dietro le apparenze esiste un altrove, uno spazio misterioso, einsteniano.
E il  trittico Metropolitan dell’irlandese Francis Bacon ( acqueforti e acquetinte, 38,5x 29,5 cm. ciascuna,1981): con le sue figure umane contorte e disciolte, Bacon interpreta la disperazione dei tempi nostri.
Victor Vasarely, ungherese, poi, con le sue linee cinetiche astratte ( sei serigrafie senza titolo e data, tutte cm. 83x83) risolve la questione  della percezione visiva.
Mimmo Rotella, coi seridécollage ( citiamo solo Vacanze romane, 100x70 cm., senza data) e Arman, con Traité du Violon ( Trattato sul Violino, cartella di cinque acqueforti, ciascuna cm. 39,5x29,5 cm., 1979), decostruiscono la realtà.
Il bulgaro Christo, coi suoi impacchettamenti neo-dada, come la litografia  Pachage on Handruck ( Carrello a mano impacchettato,  71 x 56,4 cm.,1981), cela al nostro vedere la stutttura (struttura)interna delle cose.
Poi vi sono i temibili Guerrieri della notte (aggiungere di Daniel Spoerri)( tredici sculture, ciascuna cm. 90x77x31);  utensili quotidiani di bronzo assemblati, esposti in formazione di battaglia.
E l’opera informale, buia e sanguinante Rosso e nero 4 ( acquatinta e carbone di silicio, cm. 95,4 x128, 1985) di Antoni Tapies. 
Il polittico L’arte è una zanzara dalle mille ali, di Joseph Beuys, è chiave di lettura del nuovo umanesimo ecologista di questo grande innovatore tedesco.
Hermann Nitsch ci da un pugno nello stomaco: si ispira, nelle sue opere, ai riti tribali di propiziazione e, coi suoi “dipinti versati”, in cui i colori, come il rosso sangue, tracimano sulla tela, profana la religione monoteista.
Poi il rassicurante A.R. Penk, con le sue campiture astratte di colori pastello, in cui dovreste immaginare la figura di Grace Kelly.
Infine:
- le rivoluzionarie opere dello svedese  Öyvind Fahlström, che denunzia la violenza della società capitalista e  ci fa sognare i verdi paesaggi naturali brasiliani ( è nato a San Paolo); poi su bassorilievi metallici, applica figure dotate di magneti, invitando il fruitore a  ricostruire l’opera secondo il suo gusto personale; 
- le giocose figure di Niki De Saint Phalle;
il poetico libro scultura, diDaniel (manca spazio) Buren, sublime, fantastica antologia dei colori.                                          E Antonio Paradiso che ha creato, in questa triste primavera del 2021, L’Orsa maggiore: una poetica scultura site specific, in più moduli ed in acciaio corten ( col tempo, acquisirà una calda tonalità brunita). 
Un modulo (superficie totale cm. 4,20 x 2,40) dal titolo Il volo, è stato collocato, in permanenza, all’ingresso degli spazi che ospitano la mostra; gli altri sette ( figurano “il timone” e “il carro”che costituiscono la Costellazione dell’Orsa maggiore)  nei circostanti giardini.
L’opera canta il volo arcano dei colombi e ci sembra ispirata ai versi dell’idillio Le ricordanze di Giacomo Leopardi (1829): Vaghe stelle dell’Orsa, io non credea…
Concludiamo: la mostra Europae, pensata soprattutto per educare le nuove generazioni, è anche il nostro piccolo mattone per edificare una nuova Europa.
Un’Europa non di cartapesta, ma comunità di destino.


Per ulteriori e maggiori notizie sulla Mostra Europae, vedasi il recente numero del periodico Lyceum-La Scuola delle Cose, edito dall’omonima Associazione e dedicato a questo progetto.